Tre secoli e mezzo fa, quando l’Era delle Guerre trasformava Kaeria in un campo di rovine, le valli dell’Alba d’Oro erano contese da clan e signorotti di passo. La montagna custodiva vene di minerale e varchi strategici, e ogni sorgente di mana diveniva pretesto per un nuovo eccidio. Fu allora che un capo di ventura—il futuro fondatore dei Delacroix—riuscì a piegare le faide, unendo le tribù sotto un’unica insegna. La pace che ne seguì fu relativa, ma abbastanza solida da permettere a quei montanari di pensarsi popolo e non più soltanto sopravvissuti.
Con l’ascesa di Kaelus Kaer, la Marca entrò nell’Hezagram come baluardo nord-orientale dell’Impero. I Delacroix offrirono ciò che sapevano fare meglio: vegliare. Non promesse di ricchezza, non corti fastose—bensì pattuglie sulle creste, segnali di fumo nelle gole, sentieri che solo i ranger sanno leggere. In cambio ottennero una larga autonomia e il diritto di difendere i boschi secondo legge di frontiera, più svelta e concreta di qualunque codice cittadino.
Oggi il Marchesato è un paese verticale: al nord, pareti di roccia a picco su un mare che d’inverno si chiude in lastre; al centro, la Spina del Mondo incisa da gole e terrazzi di conifere; al sud, il confine vivo dell’Esfolto, dove le radici affondano tra rovine dell’era perduta. Qui ogni villaggio è costruito per resistere: tetti spioventi, ponti a sbalzo, granai rialzati. Le strade sono poche e testarde; quando la neve le cancella, restano i passi che solo i montanari conoscono.
La Marca vive di legname pregiato, pietra ferrigna, resine e selvaggina. Da Castelcrag partono colonne di travi verso i cantieri imperiali e verso le officine di von Stahl; dai pendii scendono carichi di erbe resinose che valgono quanto l’oro nelle città del sud. In cambio arrivano utensili fini, pergamene tecniche, e—sempre più spesso—richieste: più tronchi, più pattuglie, più sicurezza per la nuova direttrice stradale. Ogni richiesta è una lama a doppio taglio: la Marca prospera, ma il bosco non dimentica chi lo ferisce.
A governare è Elara Delacroix, ranger e guerriera chiamata alla reggenza dopo la morte del fratello Theron, caduto contro una creatura antica riemersa dalle montagne. Il primogenito ha quindici anni: troppo poco per tenere a bada vassalli che misurano il potere in inverni superati e cicatrici. Elara regge con la calma di chi ha passato notti intere ad ascoltare il vento nei valichi; pretende prove, non promesse. I vassalli la rispettano, alcuni la temono, altri attendono un suo passo falso come si attende il disgelo.
La diffidenza verso la magia arcana non è capriccio: è memoria. Troppi incanti scellerati, nelle epoche nere, hanno frantumato cornici di ghiaccio o destato ciò che dormiva nelle caverne. I Delacroix non rifiutano la magia—collaborano con druidi, guaritori, tecnici di linea—ma esigono che chi la usa conosca la montagna e i suoi tabù. Il bosco e la pietra sono templi di Silvano e Kaelia: qui si chiedono permessi al vento prima di accendere un fuoco, qui si giura sulla Pietra Madre prima di tracciare un nuovo sentiero.
Politicamente, la Marca è leale all’Impero, ma non servile. Al consiglio dell’Hezagram la voce di Elara pesa come una trave: poche parole, questioni pratiche—valichi da tenere, quote di taglio da ridurre, pattuglie congiunte con Loryen per i banditi di confine. È nei salotti delle capitali che i Delacroix faticano: all’arte dei sorrisi, la Marca preferisce l’onestà delle carte topografiche. E proprio questa franchezza—virtù in montagna—diventa talvolta vulnerabilità contro le corti più smaltate.
D’inverno, quando le campane del mare suonano contro la nebbia e i passi si stringono, la Marca sembra un mondo a parte. Ma basta che le rotte dei cantieri riprendano, e Vargan’s Hold—sull’orlo tra Loryen ed Esfolto—torna a brulicare. Gli avventurieri chiamano la Marca “l’occhio dell’alba”: è il primo luogo che vede arrivare la tempesta e l’ultimo che smette di guardare. In un continente che ha conosciuto troppa guerra e ora coltiva una stabilità fragile, l’Alba d’Oro resta ciò che è sempre stata: una guardia in piedi, tra gli uomini e ciò che si muove oltre il confine degli alberi.